I Sentieri

I sentieri

Il territorio sammarinese, pur con una superficie di soli 61 Kmq, si presenta molto ricco di situazioni ambientali diversificate che rendono il paesaggio assai vario e interessante sia dal punto di vista naturalistico che da quello paesaggistico. Sulla mappa sono indicati 77 possibili percorsi che si sviluppano, comprese le diramazioni secondarie, per circa 84 Km. I sei itinerari descritti sono quelli ritenuti più significativi per evidenziare i differenti aspetti naturalistico-ambientali, formazioni geomorfologiche, rilievi rupestri, praterie naturali e seminaturali, arbusteti, boschi di piccole e medie dimensioni, torrenti e valli sono rappresentati e descritti sinteticamente insieme agli aspetti vegetazionali, floristici, faunistici e storico-culturali più significativi.

Sentieri del Parco di Montecerreto

La posizione elevata e ariosamente esposta, la molteplicità degli aspetti vegetazionali e faunistici esistenti e soprattutto la facile percorribilità fanno di Monte Cerreto il luogo ideale per chi desideri ritrovare la tranquilla armonia della natura e godere di splendide vedute panoramiche senza cimentarsi in percorsi difficoltosi o arrampicate impegnative.

Lunghezza: 2 km
Dislivello: 60 m (quota partenza 440 m slm; massima altitudine 450 m slm)
Difficoltà: facile (qualche breve tratto in pendenza)
Tempo di percorrenza: 1 ora


Descrizione
Il percorso ad anello inizia da Strada di Monte Cerreto poco dopo l’area attrezzata per picnic, parco giochi ed un bar ristorante.
Dopo un breve tratto iniziale all’interno della vecchia pineta, dove è facile vedere lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) che salta da un ramo all’altro facendo spesso cadere rumorosamente le pigne, si procede allo scoperto sul crinale del rilievo, su un tracciato cosparso di ciottoli arrotondati e multicolori di remota origine fluviale, tipici della Formazione di Acquaviva. E’ un tratto assai panoramico: di fronte e a destra, verso nord, la vista scivola sui campi e i calanchi che si alternano fino a perdersi nel Mare Adriatico; alle spalle, verso sud-est, è ben visibile la rupe di Montalbo, sulla cui ripida parete calcarea è scavato il “Sacello del Santo”, luogo di culto dove secondo la leggenda lo scalpellino dalmata Marino si fermò durante la sua peregrinazione per scampare alla persecuzione di Diocleziano. Sulla parete rocciosa, punteggiata di verde dei radi arbusti di leccio (Quercus ilex) e fillirea (Phyllirea latifolia), nidificano tipici uccelli rupicoli quali il gheppio (Falco tinnunculus), il passero solitario (Monticola solitarius) ed il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros). Subito dietro si staglia la porzione settentrionale del Monte Titano, col denso declivio boscoso dell'Arnella e parte della città di San Marino. Sulla sinistra del sentiero, verso occidente, si domina la vallata del Torrente San Marino e la parte medio-alta della Valmarecchia, cui fanno da cornice le storiche rocche di San Leo, Montebello e Torriana.


Giunti in prossimità di un piccolo rilievo recintato, dove nascoste da rovi (gen. Rubus), ginestre (Spartium junceum) e caprifogli (Lonicera etrusca) si trovano le fondamenta di un antico fortilizio del XIII secolo, si scende a destra; dopo una cinquantina di metri in discesa, procedendo dritti ci si inoltra in un fresco bosco misto di latifoglie ricco di specie fra cui il castagno (Castanea sativa), i carpino nero (Ostrya carpinifolia), bianco (Carpinus betulus) e orientale (Carpinus orientalis), una specie molto rara in questo areale; l’ acero napoletano (Acer obtusatum) e minore (Acer monspessulanum), l'orniello (Fraxinus ornus), il sorbo domestico (Sorbus domestica), il cerro (Quercus cerris), il nocciolo (Corylus avellana), l'agrifoglio (Ilex aquifolium) e numerose piante erbacee con belle fioriture specialmente primaverili fra le quali risalta la scilla silvestre (Scilla bifolia) ed il ciclamino primaverile (Cyclamen repandum); girando invece a sinistra si attraversa un breve tratto caratterizzato da un tipo di vegetazione non autoctona con piante quali la robinia (Robinia pseudoacacia) e l'ailanto (Ailanthus altissima), che procedendo lasciano sempre più spazio alle specie tipiche dei querceti; dopo un centinaio di metri si attraversa marginalmente una fitta pineta artificiale (gen. Pinus) in precario stato di salute che sottrae spazio e luce alla ben più varia ed adattata flora autoctona. Al termine della pineta, quando il sentiero svolta verso sud, si assiste ad un mutamento della composizione vegetazionale che evidenzia una situazione microclimatica completamente diversa da quella presente nel bosco mesofilo incontrato in precedenza; infatti ora predomina la macchia xerofila tipica degli ambienti aridi e soleggiati, caratterizzata da densa vegetazione erbacea, cespuglieti con prevalenza di ginestra e roverelle sparse. Guardando a destra, verso sud ovest, la vista si allarga e scivola lungo selvaggi fossati, fra cui il Fosso della Costa dello Spino e il Fosso di Galavotto, fino al Torrente San Marino. Sulle pendici di questi verdi e ripidi avvallamenti affiorano grigi strati argillosi ed i giallastri conglomerati della Formazione di Acquaviva.


Nell'insieme l'ambiente si presenta vario e suggestivo con boschetti, radure, cespuglieti, piccole forre e vallecole: quanto di meglio per ospitare una ricca e varia comunità di esseri viventi.


Oltre ad una innumerevole varietà di invertebrati, fra cui variopinte farfalle e coleotteri dalle più svariate forme, si rinvengono infatti molte specie di rettili ed uccelli nonché diversi mammiferi dalle abitudini perlopiù notturne come il capriolo (Capreolus capreolus), il tasso (Meles meles), l’istrice (Hystrix cristata), il ghiro (Glis glis), il moscardino (Muscardinus avellanarius), il quercino (Eliomys quercinus), le crocidure (gen. Crocidura) e i piccolissimi toporagni (gen. Sorex, Suncus).
Il sentiero, che ora percorre a ritroso e quasi parallelamente il percorso fatto inizialmente sul crinale di Monte Cerreto, affianca verso monte pratelli aridi e sassosi con una interessante vegetazione erbacea tipica degli ambienti caldi e soleggiati; in primavera nei punti adatti fioriscono numerose orchidee fra le quali la rara serapide maggiore (Serapia vomeracea). Dopo un tratto quasi rettilineo il sentiero si addentra nuovamente, ma più a valle, nella vecchia pineta attraversata parzialmente all'inizio del percorso.


Qui le specie vegetali originarie tipiche del querceto misto stanno lentamente, ma con decisione, ricolonizzando il loro ambiente tipico a scapito dei più vecchi pini piantati dall'uomo. Molto interessante è l’associazione vegetazionale caratterizzata dall’erica arborea (Erica arborea) e dal ginestrone (Ulex europaeus), assai rara e localizzata a questa latitudine.
Dopo una breve salita all'interno della pineta si ritorna al punto di partenza sulla Strada di Monte Cerreto. Dall'itinerario principale appena descritto si staccano in diverse direzioni sentieri alternativi forse meno panoramici ma, in quanto meno frequentati dall'uomo, più propizi ad un incontro con la varia e sospettosa fauna selvatica. Lungo il sentiero principale si snoda un ben attrezzato ma impegnativo “Percorso Natura” per gli amanti del fitness all’aria aperta o per chi semplicemente desidera mantenersi in forma facendo ginnastica nel verde. Un altro percorso fra arte, natura, gioco e narrazione si può seguire lungo “Il Parco delle Storie Dimenticate”, un parco d’arte permanente caratterizzato da valenze storico-antropologiche e naturalistiche.


Il sentiero del bosco, delle cascatelle e dei mulini di Canepa

L’itinerario permette di compiere un percorso circolare nella zona di Montecchio e Canepa all’interno di un’Area Naturalistica Tutelata tra le più verdi del territorio, caratterizzata dall’alternarsi di rilievi boscosi e fossi impervi. Oltre alle bellezze paesaggistiche di questa porzione del versante sud-occidentale del territorio, il sentiero offre notevoli spunti di interesse naturalistico e storico-architettonico, come la Grotta di Canepa ed il complesso degli antichi mulini ad acqua.



Lunghezza: 3,6 km
Dislivello: 220 m (quota partenza 470 m slm; massima altitudine 490 m slm)
Difficoltà: medio-difficile (alcuni brevi tratti in ripida pendenza molto scivolosi se bagnati)
Tempo di percorrenza: 3 ore



Descrizione
Il percorso ad anello può essere iniziato da diversi punti, ma quello sicuramente più agevole è il parcheggio del Centro Tennis di Fonte dell’Ovo.



Di qui si scende fiancheggiando un prato coi campi sportivi alla spalle e subito ci si addentra in un tratto di macchia arbustata tra ginestre (Spartium junceum), rose selvatiche (Rosa canina), biancospini (Crataegus monogyna) e prugnoli (Prunus spinosa).



Al termine della radura, sulla sinistra, un pannello didattico illustra alcune delle molte specie di uccelli selvatici riconoscibili soprattutto dai loro canti. Entrati nel bosco le fronde e l’intreccio di rami e tronchi, dapprima di sambuchi (Sambucus nigra) e robinie (Robinia pseudoacacia), poi di aceri (gen. Acer), ornielli (Fraxinus ornus) e noccioli (Corylus avellana), impediscono alla luce diretta del sole di raggiungere il suolo, creando le condizioni ideali alla crescita di svariate specie di funghi, felci e piante tipiche delle zone ombreggiate i cui tuberi e fusti sotterranei sono ricercati dal tasso (Meles meles) e dagli istrici (Hystrix cristata) che nella notte lasciano le tracce della loro attività di scavo. Attraversato il Fosso di Cà Mazzocchetto, un solco stretto e poco profondo ma dalle sponde in terra scivolose se bagnate, si continua a scendere costeggiando il fosso che si fa via via più profondo e, girando a sinistra, si attraversa anche il Fosso di Montecchio. Costeggiando un campo coltivato il sentiero rientra nel bosco dove risaltano alcuni vecchi castagni malridotti (Castanea sativa) e corre sul ciglio del fosso.



Ricoperto da foglie morte, rami e tronchi caduti, l'ambiente appare impervio e silenzioso. L’andamento ed il brusco approfondimento di questi solchi scavati nella roccia in così breve spazio rispecchia la struttura geologica contraddistinta da diffuse fessurazioni delle rocce calcaree e risente probabilmente anche dell’azione di fenomeni geomorfologici attivi durante i periodi glaciali quaternari.



Il sentiero piega sulla sinistra, si incontra un secondo pannello didattico illustrante le essenze arboree più comuni e prosegue sino ad un bivio: a destra si scende nella forra del Fosso di Montecchio, girando invece a sinistra si sale in una radura erbosa da cui si gode una buona vista panoramica sulle colline circostanti. Sugli arbusti e sui giovani tronchi sono evidenti gli scortecciamenti o “fregoni” compiuti dai caprioli maschi (Capreolus capreolus) con le piccole “corna” per marcare il territorio.



Al termine della radura, ad una biforcazione, il sentiero scende fino ad incrociare il Fosso di Canepa, uno stretto scivolo d’acqua sulla roccia levigata e molto scivolosa. Oltrepassato questo si costeggia per un breve tratto un campo e si ridiscende verso il fosso addentrandosi nella vegetazione. Ci si ritrova immersi in un am¬biente davvero suggestivo : le alte sponde quasi verticali del fosso sono ricoperte da una densa vegetazione con carpini (Ostrya carpinifolia), ornielli, aceri e cerri (Quercus cerris) le cui dense chiome si richiudono quasi a formare una galleria vegetale. Il fondo dell'alveo si presenta come una gola sinuosa per la maggior parte asciutta e scavata interamente nella roccia; lungo il percorso si incontrano bruschi dislivelli e scivoli levigatissimi, pozze d'ac¬qua abitate da rane (gen. Rana) e rari ululoni (Bombina pachypus), ammassi di detriti vegetali accumulati nei periodi di piena e tronchi caduti che sbarrano il passaggio di tanto in tanto.



Ad accrescere il clima suggestivo di tale situazione contribuisce anche il profondo silenzio che regna nella gola, interrotto sporadicamente dal sibilo di qualche uccello silvano e dal fruscio provocato dalla fuga dei timidi animali terrestri. Dall’interno dell’alveo un brevissimo sentiero molto ripido e sdrucciolevole risale sulla sinistra la sponda e conduce ad uno piccolo slargo tappezzato di foglie morte, edere e muschi, dove si trovano anche rare specie montane come il giglio martagone (Lilium martagon) e il bucaneve (Galanthus nivalis); in fondo a questo, dove ri¬prende la fitta copertura vegetale, si apre l'ingresso della Grotta di Canepa, una galleria sub circolare impostata lungo un interstrato di calcari di San Marino affioranti in questa zona.



La grotta presenta molti aspetti interessanti soprattutto dal punto di vista geologico e biologico; è una risorgente fossile collegata con tutto il sistema carsico e tettonico del Monte Titano e facente parte con la Voragine del Titano, la Genga del Tesoro, la Grotta del Filatelico e la Risorgente dei Tubi di un vasto e complesso sistema ipogeo.



La fauna ospitata da questo ambiente sotterraneo comprende alcune specie adattate alla vita di grotta, come Dolichopoda laetitia, un'ortottero caratterizzato da appendici lunghissime e da una depigmentazione accentuata, e altre specie meno specializzate fra cui numerosi Ditteri, Aracnidi, Miriapodi e Pipistrelli.


Sentiero del Castellaccio

Abbarbicato fra due rilievi calcarei che sovrastano affilati crinali calanchivi e la densa vegetazione del Fosso del Toro, sul versante meridionale del Castello di Fiorentino, questo breve ma ripido sentiero offre non solo scorci inconsueti e “momenti” di natura incontaminata ma anche una interessante testimonianza storico-archeologica.



Lunghezza: 2,3 km (andata e ritorno)
Dislivello: 120 m (quota partenza 400 m slm; massima altitudine 520 m slm)
Difficoltà: medio-facile (può risultare faticoso all’andata essendo quasi tutto in salita)
Tempo di percorrenza: 2 ore



Descrizione
Sulla strada che da Fiorentino scende verso Chiesanuova, appena usciti dalla zona abitata, una stradina in ghiaia si stacca alla destra di un tornante sotto uno spiazzo rialzato da un muro in pietra con una staccionata in legno, un tavolo ed un pannello didattico. La strada si inoltra per un centinaio di metri fra la ripida spalla boscata del Monte Seghizzo e la vegetazione erbacea pre-calanchiva che degrada fino al fosso del Toro, dove cresce una stretta ma densa fascia di vegetazione arborea igrofila dominata da pioppi (Populus nigra) e salici (gen. Salix). Di fronte, aldilà delle brulle creste delle Argille Varicolori della Valmarecchia, disseminate qua e là di rade ed interessanti specie vegetali, si staglia la parete verticale calcarea della rupe di Pennarossa, sulla cui sommità si intravedono le rovine di un antico fortilizio medievale costruito su tracce di epoca romana o precedente come le due antiche cisterne scavate nella roccia.
Il gheppio (Falco tinnunculus) ed il falco pellegrino (Falco peregrinus), tipici rapaci rupicoli gridano e volteggiano attorno alle rocce, mentre le poiane (Buteo buteo) esplorano i calanchi ed i pendii erbosi in cerca di prede. Sugli speroni rocciosi cantano il passero solitario (Monticola solitarius), dalla bella colorazione bluastra del maschio ed il piccolo codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), mentre in inverno può capitare di vedere svolazzare il picchio muraiolo (Tichodroma muraria) dalla appariscenti ali rosso-nere. Sul ripido rilievo calcareo crescono due specie arboree sempreverdi tipiche degli ambienti aridi e assolati: il leccio (Quercus ilex) e la fillirea (Phyllirea media). Prima che la stradina scenda al piccolo corso d’acqua, habitat di innumerevoli invertebrati ed anfibi, un sentiero sulla destra continua a costeggiare la macchia e si addentra nella vegetazione inizialmente costituita da opportuniste specie alloctone come la robinia (Robinia pseudoacacia) e l’ailanto (Ailanthus altissima) che vengono gradualmente sostituite da roverelle (Quercus pubescens), aceri (gen. Acer), ornielli (Fraxinus ornus), carpini (Ostrya carpinifolia) e noccioli (Corylus avellana). Quando il sentiero comincia a salire tra ciottoli e massi calcarei, una breve deviazione sulla sinistra conduce alla “cascatella della genga”, un piccolo salto d’acqua nel fosso scavato nella roccia. Aiutati da scalini e parapetti in legno ci si inerpica sul fianco roccioso del rilievo, dove tra la vegetazione si aprono alcune “terrazze” panoramiche che dominano la vallata del Torrente San Marino. Giunti ad un’area di sosta con panchine in legno ci si addentra quindi nel bosco misto di latifoglie, dove si incontrano anche alcuni castagni (Castanea sativa) e sorbi domestici (Sorbus domestica); a primavera il sottobosco si colora delle fioriture precoci degli anemoni (Anemone trifolia), delle primule (Primula vulgaris), della scilla silvestre (Scilla bifolia), del ciclamino primaverile (Cyclamen repandum) e dell’aglio pendulo (Allium pendulinum).
Molto comuni sono anche i verdi fusti spinosi del pungitopo (Ruscus aculeatus) e l’elleboro di bocconi (Helleborus bocconei) dalla foglia profondamente palmata. Sui rami degli alberi e sugli arbusti di notte corrono e saltano ghiri (Glis glis), moscardini (Muscardinus avellanarius) e quercini (Eliomys quercinus), agili e difficili prede dell’allocco (Strix aluco), mentre di giorno è lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) ad animare le fronde degli alberi insieme alle ghiandaie (Garrulus glandarius), alle cince (gen. Parus) e a qualche altro uccelletto silvano. A terra sono evidenti i segni lasciati dagli elusivi mammiferi terrestri, come le buche scavate dal tasso (Meles meles) e dall’istrice (Hystrix cristata) per cercare bulbi, tuberi e radici. Fra i rettili, oltre a lucertole (gen. Podarcis) e ramarri (Lacerta bilineata) si può incontrare il saettone (Elaphe longissima), un verde serpente innocuo dai costumi arboricoli, mentre assai più difficile da sorprendere è la veloce luscengola (Chalcides chalcides), un sauro con arti ridottissimi molto simile ad una piccola serpe. Continuando a salire per uno dei tanti sentierini si arriva alla sommità del Monte Seghizzo, dove diversi pannelli illustrano e descrivono l’area e la storia dell’antico castello fortificato di età medievale di cui rimangono solo poche tracce. Il sito si raggiunge comodamente anche dalla strada asfaltata di Via Monte Seghizzo, andando verso Fiorentino, ma solo l’ascesa dalla vallata sottostante in mezzo ad un paesaggio naturale ancora non compromesso consente di gustare appieno il fascino della conquista della “vetta” e della scoperta di antiche vestigia storiche. Il ritorno al punto di partenza si compie sullo stesso tracciato, questa volta tutto in discesa e percorribile in breve tempo e senza fatica.

Sentiero della Vecchia Ferrovia e Laiala

Attraverso le verdi e dolci colline della parte nord-est del territorio sammarinese il sentiero, attrezzato a pista ciclabile, percorre un tratto della vecchia linea ferroviaria che collegava Rimini con San Marino in disuso dal 1944: binari, pali ferroviari e muri di sostegno ancora ben conservati sono un trait-d’union con il passato, per una rilassante e rievocativa escursione nel tempo e nel verde.
Lunghezza: 9,3 Km
Dislivello: 160 m (quota partenza 260 m slm; massima altitudine 260 m slm)
Difficoltà: facile (qualche breve tratto in pendenza)
Tempo di percorrenza: 3 ore



Descrizione
Da Strada Paradiso, a Domagnano, il percorso inizia a ridosso di un interessante sito archeologico dove sono stati portati alla luce i resti, ora conservati al Museo di Stato, di una villa urbano-rustica romana parte della quale ristrutturata e utilizzata in età gota, a testimonianza della continuità di questo esteso e complesso insediamento dal II secolo a.C. ad epoca tardoantica (IV – VI secolo d.C.). Il tracciato scende dolcemente lungo i vecchi binari tagliando i campi coltivati con filari di olmi (gen.Ulmus), biancospini (gen. Crataegus) e qualche vecchia quercia (Quercus pubescens). La vista spazia sull’eterogeneo territorio che degrada verso l’Adriatico e sui brulli calanchi di Torraccia incisi nelle plioceniche argille grigio azzurre. Dopo circa un chilometro il sentiero passa attorno all’Arboreto di Cà Vagnetto, una pregevole struttura realizzata a scopo prevalentemente didattico ed educativo, dove sono coltivate innumerevoli specie arboree ed arbustive suddivise in sezioni dedicate alle specie autoctone degli ambienti naturali sammarinesi, alle specie introdotte dall’uomo per scopi diversi ed alle specie coltivate per la produzione di frutti. L’Arboreto è attrezzato per poter essere visitato da famiglie, gruppi scolastici o singolarmente; l’area è dotata di percorsi, aree a prato, panchine e di una zona protetta da una tettoia in legno, dotata di tavoli, panchine e servizi igienici (per informazioni: Arboreto Didattico 0549904624 – Ufficio Risorse Ambientali ed Agricole 0549885110).



Aggirato l’Arboreto il tracciato prosegue tra coltivi e piccoli uliveti (Olea europaea), con la sagoma inconfondibile e maestosa del Monte Titano che appare sulla sinistra al di sopra delle siepi. Lungo i piccoli fossi che qua e là solcano il terreno la vegetazione riparia offre rifugio a diverse specie di uccelli quali la capinera (Sylvia atricapilla), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), il merlo (Turdus merula), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), l’averla piccola (Lanius collurio), la sterpazzola (Sylvia communis), l’occhiocotto (Sylvia melanocephala) e la tortora (Streptotelia turtur), mentre nelle cavità dei vecchi tronchi d’ulivo nidifica l’assiolo (Otus scops), un piccolo rapace notturno che rompe il silenzio della notte col suo monotono e ripetuto “chiù”. Tra le pietre dei muretti a secco si nascondono invece i piccoli mammiferi notturni come il riccio (Erinaceus europaeus), i toporagni (gen. Crocidura, Sorex, Suncus) e la donnola (Mustela nivalis), mentre di giorno si scaldano al sole lucertole (gen. Podarcis) e ramarri (Lacerta bilineata).



Giunti in località Pozzo Campore si attraversa un breve tratto di strada pubblica e si prosegue al margine di un campo sino a Lesignano, quindi si percorre Strada Genga d’Acqua sino alla galleria che conduce all’attrezzato “Parco Laiala”. All’estremità opposta del parco pubblico si risale a destra e si attraversa la vecchia pineta di Laiala, un piccolo polmone verde ed ombroso con piante d’alto fusto (gen. Pinus) circondato da fitta vegetazione arbustiva, rifugio prezioso per le specie animali legate al bosco. Il sentiero risale quindi fino a ricongiungersi con Strada Genga d’Acqua da cui, ripercorrendo a ritroso il tracciato ciclabile, si ritorna al punto di partenza.

Sentiero delle Coste di Montegiardino

Attorno al rilievo gessoso su cui si erge il borgo antico di Montegiardino, nel versante orientale del territorio sammarinese, il Sentiero delle “coste” attraverso un’ondulato paesaggio rurale si insinua nella fitta vegetazione del fosso del Torrente Marano le cui acque hanno scavato nel gesso profonde ripe ed innumerevoli cavità alquanto suggestive.



Lunghezza: 2,6 km
Dislivello: 120 m (quota partenza 270 m slm; massima altitudine 320 m slm)
Difficoltà: media (alcuni brevi tratti sdrucciolevoli in ripida pendenza)
Tempo di percorrenza: 2 ore



Descrizione
Dalla piazza di Montegiardino si scende per Strada delle Macchie, quindi dopo circa duecento metri si prende sulla sinistra Strada Pratacci al cui termine inizia il sentiero. La vista spazia sulle boscose colline circostanti solcate dalla vallata del Torrente Marano che, perpendicolarmente al mare visibile sulla sinistra, risale dolcemente nell’entroterra unendo la Romagna con le Marche e la Repubblica di San Marino. Questo corridoio verde rappresenta una via preferenziale lungo la rotta degli uccelli migratori soprattutto durante il passo autunnale. Giunti al margine del bosco, nei pressi di una vecchia abitazione, si scende lungo uno sterrato sulla sinistra costeggiando il fosso fra enormi querce secolari (Quercus pubescens) alcune isolate, altre disposte quasi a formare maestosi filari. Una vecchia cava di gesso spicca in mezzo al verde sulla collina di fronte, mentre contro il mare si staglia su un rilievo gessoso in posizione dominante l’abitato del Castello di Faetano. Proseguendo, dopo aver incontrato un sentiero che scende dalla sinistra, si incontra una piazzola attrezzata per picnic con panche ed un tavolone in legno; un piccolo sentiero scende
ripidamente sulla destra dentro l’alveo stretto ed ombroso del torrente e lo risale incuneandosi fra i massi gessosi, le strettoie e gli anfratti che l’acqua ha scolpito nel tempo sciogliendo il solfato di calcio. Il gesso è una evaporite, ovvero una roccia sedimentaria formatasi per precipitazione del solfato di calcio direttamente dall’acqua marina cinque milioni di anni fa e costituita da cristalli allungati bianchi, argentei e trasparenti che luccicano alla luce. Ci si ritrova letteralmente immersi in un ambiente selvaggio e oscuro dove l’acqua entra ed esce gorgogliando dal sottosuolo. Piccole felci, muschi e poche altre specie vegetali crescono nella semioscurità tra i blocchi di gesso, mentre diverse specie di larve di insetti ed altri piccoli invertebrati popolano le acque del torrente. Nelle pozze scavate sotto i piccoli salti d’acqua si rinvengono nella bella stagione i girini neri del rospo comune (Bufo bufo); solo con occhio attento invece è possibile scorgere la rana appenninica (Rana italica) immobile sulle rocce ben mimetizzata grazie alla colorazione brunastra. Negli anfratti e sulle umide pareti rocciose vive anche il geotritone (Speleomantes italicus), raro anfibio dalle abitudini cavernicole privo di polmoni e dall’eccezionale capacità di riprodursi fuori dall’acqua. A rendere ancor più suggestivo il luogo compaiono di tanto in tanto le sagome scure di grossi animali selvatici in legno, talvolta mosse da carrucole e contrappesi, che fungono da bersaglio nelle simulazioni di caccia con arco e frecce.



La deviazione dentro l’alveo del torrente termina all’ingresso della “Risorgente del Rio Marano”, un’ampia cavità naturale dalla quale le acque del torrente riemergono dopo un lungo percorso sotterraneo. Tornati sul più comodo sentiero principale si incontrano poco più in basso sulla sinistra, nascosti dalla vegetazione, i ruderi di un antico mulino ad acqua utilizzato per la macinatura dei cereali. Attraversato il corso d’acqua su un ponticello in legno il sentiero prosegue in mezzo ad una vegetazione arborea rigogliosa ma non ben caratterizzata, trovandosi frammisti la roverella (Quercus pubescens), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), la robinia (Robinia pseudoacacia), l’orniello (Fraxinus ornus), il nocciolo (Corylus avellana) e varie specie di pioppo e salice fra cui Populus nigra e Salix alba. In un brevissimo tratto pianeggiante, prima che il sentiero cominci a salire, pioppi e salici ammassati fanno ombra agli equiseti (gen. Equisetum), alle grandi foglie del farfaraccio (Petasites hybridus) e a quelle profumate della menta acquatica (Menta acquatica), mentre sul fango lasciano le loro impronte il capriolo (Capreolus capreolus), il tasso (Meles meles), l’istrice (Hystrix cristata), la faina (Mustela foina), la volpe (Vulpes vulpes), i piccoli topi selvatici (gen. Apodemus), ed i minuscoli toporagni (gen. Sorex, Crocidura, Suncus).



Accompagnati dalle rauche grida d’allarme delle ghiandaie (Garrulus glandarius) e, d’estate, dalle note flautate del rigogolo (Oriolus oriolus) dalla bella colorazione giallo acceso del maschio, si esce dal bosco e ci si inerpica su un pendio semicalanchivo. Il sentiero, tracciato sulle Argille varicolori della Valmarecchia punteggiate qua e la delle schegge luccicanti del gesso, è bordato da dense siepi di biancospino (Crataegus monogyna), prugnolo (Prunus spinosa) e sanguinello (Cornus sanguinea) frammisti alla cannuccia del Reno (Arundo plinii). Giunti ad un bivio, verso destra si scende verso una vallata interessata da interventi di “bonifica” calanchiva per arrestare l’erosione, salendo a sinistra si costeggia un terreno coltivato al cui margine giace un blocco in gesso la cui forma ricorda un orso sdraiato che annusa l’aria rivolto verso il mare. Continuando a salire si profila sulla destra il crinale del Monte Titano con le tre torri e si raggiungono in breve alcune abitazioni; salendo si ritorna nel castello fortificato di Montegiardino, le cui caratteristiche e anguste viuzze interne meritano senz’altro una visita; scendendo sulla sinistra un comodo sentiero riporta al punto di partenza in Strada Pratacci.



A poca distanza dalla piazza, lungo Strada Saudelli, si trova l’“Arvuròn di Bucci”, la quercia più grossa e forse più vecchia di San Marino a cui sono legate innumerevoli storie e persone. Questa enorme roverella (Quercus pubescens) ha una circonferenza a petto d’uomo di 500 cm, un’altezza di 22 m ed una età stimata di oltre 400 anni

Sentiero della Rupe del Monte Titano

L’itinerario percorre ad anello la parte sommitale del Monte Titano, la cui rupe per le peculiarità geomorfologiche, le alte pareti rocciose incombenti e le sue caratteristiche di naturalità e diversità è l’ambiente più rappresentativo e spettacolare del territorio sammarinese.



Lunghezza: 4 Km
Dislivello: 210 m (quota partenza 525 m slm; massima altitudine Monte Titano 739 m slm)
Difficoltà: medio-difficile (alcuni brevi tratti in ripida pendenza molto faticosi)
Tempo di percorrenza: 3 ore



Descrizione
Il percorso parte ai piedi del Monte Titano dal centro storico di Borgo Maggiore, l’antico Mercatale (un tempo e tuttora sede del mercato), a pochi metri dalla sede del Centro Naturalistico Sammarinese, dove è possibile osservare le fedeli ricostruzioni degli ambienti naturali più rappresentativi del territorio (diorami) oltre ad una pregevole esposizione ornitologica, zoologica, geologica e paleontologica.



Da una scaletta in pietra, che aggira le ultime case addossate al monte, ci si addentra nel bosco costeggiando la base della rupe in direzione Sud. La particolare situazione microclimatica crea un biotopo dalle caratteristiche uniche per la contemporanea presenza di specie tipiche dei climi mediterranei ed altre che si trovano solo nelle zone medio-alte dell’Appennino centrale. Così vicino al leccio (Quercus ilex), la fillirea (Phyllirea latifolia) e l’asparago (Asparagus acutifolius), si trovano lungo il sentiero il carpino bianco (Carpinus betulus), l’orniello (Fraxinus ornus), il ciavardello (Sorbus torminalis), il borsolo (Staphylea pinnata) e specie tipicamente orofili quali il sorbo montano (Sorbus aria), il maggiociondolo (Laburnum anagyroides), il giglio rosso (Lilium bulbiferum) e l’olivella (Daphne laureola).



Si prosegue lungo il sentiero senza troppe difficoltà rasentando più volte le pareti rocciose abbellite dal giallo intenso della violaciocca appenninica (Erysimum pseudorhaeticum), per soffermarsi sulla cima dei “bastioni” calcarei sovrastanti la strada ed i centri abitati; qui il bosco lascia il posto a piccoli lembi di prateria arida dove si incontrano alcune specie interessanti quali: Dianthus sylvestris, Sedum maximum, Amelanchier ovalis, Teucrium flavum e Centaurea deusta. Autentica rarità botanica è invece l’efedra nebrodense (Ephedra major), specie a distribuzione mediterranea molto localizzata a carattere relitto che nelle rupi calcaree del Monte Titano occupa la stazione più settentrionale della penisola italiana.



Proseguendo, il sentiero passa sotto l’ingresso della Genga del Tesoro, una angusta cavità naturale parte di un complesso sistema ipogeo esplorabile solo da esperti speleologi ma frequentato da diverse specie di chirotteri. Poco avanti, sempre affiancando la ripida parete rocciosa, si incontrano diversi punti di partenza delle vie di arrampicata per "climbers" esperti (attenzione alle norme che regolamentano l’attività di arrampicata volte alla tutela dell’ecosistema rupestre e della nidificazione degli uccelli rapaci). La roccia del Monte Titano, costituita dalla Formazione di San Marino, si è depositata in ambiente marino circa 16 milioni di anni fa. Ricca di fossili, è composta da frammenti organici e minerali (biocalcarenite). Sui picchi spogli e sporgenti si può scorgere la sagoma bluastra del maschio del passero solitario (Monticola solitarius), il cui canto forte e ripetuto accompagna nella buona stagione l’escursionista in ogni tratto del sentiero. Nel periodo invernale si può scorgere sulle pareti assolate lo “sfarfallare” del picchio muraiolo (Thicodroma muraria), dalla splendida colorazione rosso-nera delle ali, o il sordone (Prunella collaris), chiamato localmente “tordino della rupe”. Scorgere dal basso fra le chiome la sagoma in volo del gheppio (Falco tinnunculus) o del falco pellegrino (Falco peregrinus) non è facile quanto invece udirne il verso emesso con frequenza soprattutto in prossimità del sito di nidificazione. Fra i mammiferi si segnalano lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) e, meno visibili perchè notturni, il ghiro (Glis glis), il moscardino (Muscardinus avellanarius) e il quercino (Eliomys quercinus). Il geotritone (Speleomantes italicus) è un raro anfibio urodelo che vive negli anfratti e che qui mostra anche occasionali abitudini arboricole notturne. Più avanti il sentiero scende scostandosi dalle pareti rocciose ed occorre fare attenzione alla segnaletica per non imboccare deviazioni verso il basso. Il sentiero, giunto all’estremità meridionale del Monte, comincia a salire in stretti tornanti sino al piazzale Gandhi, a lato del Palazzo dei Congressi. Si aprono superbi scorci panoramici sui calanchi sottostanti dove affiorano le Argille Varicolori della Valmarecchia. Un centinaio di metri più in basso, proseguendo in uno stretto sentiero verso sud, si può raggiungere il Santuario della Tanaccia, sito archeologico che conferma l’esistenza di un luogo di culto frequentato dal V secolo a.C. al V secolo d.C..



L’itinerario principale risale invece il crinale del monte verso Nord, seguendo un comodo lastricato in pietra, per poi raggiungere la Terza Torre o Montale, un torrione fortificato con funzioni di vedetta; da qui l’occhio può spaziare a 360° godendo di un panorama mozzafiato.



Nelle giornate terse si vedono le cime dei Sibillini, del Fumaiolo, le rocche della Valmarecchia e persino i monti dell’Istria al di là del mare. A Nord si staglia una spettacolare visione della Seconda Torre o Cesta, raggiungibile dal facile sentiero sommitale. Dalla Cesta, sede del Museo delle armi antiche, si raggiunge attraverso il Passo delle Streghe, un ponte in pietra sospeso sulla cresta della rupe, la Prima Torre o Guaita, anch’essa visitabile. Si scende poi alla Basilica del Santo, edificio in stile neoclassico costruito su una precedente Pieve romanica ed al Palazzo Pubblico, sede del Consiglio Grande e Generale, al centro della cui piazza si erge la Statua della Libertà.
Proseguendo ancora in direzione Nord, si giunge al Cantone, panoramica terrazza che domina le vallate sottostanti affacciate all’Adriatico (da qui parte la funivia per Borgo Maggiore) e scendendo per la Cava dei Balestrieri si arriva al Museo di Stato, che conserva reperti archeologici e testimonianze artistiche legate alla storia sammarinese. Da Contrada Omerelli si raggiunge la Porta della Rupe, antico accesso alle mura della città dove giungeva dal Mercatale la vecchia via per San Marino chiamata Costa dell’Arnella. Questa ripida via in pietra, bordata di felci e ciclamini ci riconduce in breve tempo a Borgo Maggiore, in prossimità del Centro Naturalistico Sammarinese.

Lago - Faetano

Lago artificiale di piccole dimensioni attrezzato per la pesca sportiva con ristoro.
Nelle vicinanze è presente il Parco del Marano attrezzato per passeggiate e aree pic-nic.
Per informazioni: 0549 996216

Arboreto didattico Cà Vagnetto

L’arboreto è una collezione vivente di specie arboree ed arbustive messe a dimora in un’area, una sorta di orto botanico dedicato specificamente agli alberi e arbusti, con diverse finalità: didattica, educativa, scientifica, conservativa, estetica e ricreativa.
L’arboreto di Cà Vagnetto si trova nel castello di Domagnano, in località Cà Vagnetto, lungo la strada Monte Olivo.



Immersi nel verde si potrà effettuare una visita guidata per conoscere le tantissime specie arboree ed arbustive della flora autoctona della Repubblica di San Marino e in considerazione della grande diffusione quelle degli ambienti artificiali (forestali, agrari e urbani).
L’arboreto di Cà Vagnetto ha un’estensione complessiva di ha 1.96.20 e nel suo insieme raccoglie 125 specie, per un totale di circa 1700 piante.



L’arboreto è suddiviso in 7 sezioni:
• A1 - Specie delle formazioni boschive naturali
• A2 - Specie delle formazioni arbustive naturali
• A3 – Specie delle rupi
• A4 – Specie riparie
• B1 – Specie introdotte nei rimboschimenti
• B2 – Specie ornamentali
• B3 – Specie agrarie
La percorribilità all’arboreto è assicurata da viali con fondo compatto e inghiaiato che hanno anche la funzione di separare le sezioni previste. All’interno delle sezioni si accede tramite sentieri opportunamente tracciati per una lunghezza complessiva di ml. 1.170; lungo tali sentieri, oltre ad indicazioni di orientamento, sono stati disposti picchetti con le schede identificative di ogni specie che riportano: nome scientifico, ordine, nome dialettale, areale, caratteristiche botaniche, esigenze ecologiche, usi, credenze, folklore, ecc.



Ovviamente nulla vieterà di poter visitare liberamente l’arboreto, senza seguire il percorso suggerito.



L’arboreto è attrezzato per poter essere visitato da famiglie, gruppi scolastici e portatori di handicap; l’area è dotata di panchine, aree a prato, servizi igienici e di una zona protetta da una tettoia in legno dotata di tavoli e panchine.



L’arboreto osserva due periodi di apertura:
-Invernale: dal 1/10 al 31/05 è aperto da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 13.30 alle 16.30 (sabato e domenica chiuso).
-Estivo: dal 1/06 al 30/09 è aperto tutti i giorni, sabato e domenica compresi, dalle 8.30 alle 19.00
L’ingresso all’arboreto è gratuito.
Per informazioni e prenotazioni per visite guidate: telefono 0549 885110 - Ufficio Gestione Risorse Ambientali ed Agricole.

Il Parco delle Storie Dimenticate

Percorso di Montecerreto - Castello di Acquaviva.
Il Parco delle Storie Dimenticate è un percorso naturalistico caratterizzato da sette installazioni artistiche ispirate al patrimonio storico, ambientale del luogo ed alle favole della tradizione popolare; è un luogo di incroci possibili fra arte, natura, gioco e narrazione, in perfetta armonia e integrazione con la natura autoctona, permette a bambini, ragazzi e adulti di divemtare protagonisti di un viaggio tra realtà e fantasia, tra conoscenza e creatività, attivando i sensi e l'immaginazione.



Progetto a cura delloa Ludoteca Pologioco
Tel. 0549 999536
e mail: ludoteca.infanzia@pa.sm.

Parco Naturale di Montecchio

Via Montecchio, strada per Fonte dell´Ovo, Palazzo degli Studi di San Marino. Pineta, piccolo zoo, giochi, centro tennis e campo pratica golf.

Parco Ausa - Dogana

Spazio verde attrezzato, pista ciclabile, rampa skateboard.

Passo del Sorbo - Ventoso

PARCO "PASSO DEL SORBO" - Ventoso
Parco con filodiffusione, attrezzato, area giochi, campetto multifunzionale.

Sentiero Costa dell'Arnella

Suggestiva strada ciottolata che collega Borgo Maggiore a San Marino.
Una metafora del viaggio, un percorso di ascesa tra antiche vestigia medievali e scorci mozzafiato.
Partendo dal centro storico di San Marino, dalla Cava dei Balestrieri in Via Eugippo, si scende per Contrada Omerelli si raggiunge la Porta della Rupe, antico accesso alle mura della città dove giungeva dal Mercatale la vecchia via per San Marino chiamata Costa dell’Arnella.
Questa succestiva via in pietra, bordata di felci e ciclamini ci riconduce in breve tempo a Borgo Maggiore, in prossimità della Stazione Funivia di Borgo Maggiore.
Tempo di percorrenza circa 20 minuti.



Lunghezza: 870 metri
Dislivello: 145 m (quota partenza 675 m slm; Quota di arrivo 530 metri slm
Difficoltà: medio-facile (alcuni brevi tratti in ripida pendenza molto scivolosi se bagnati)